Colleferro. In memoria del dott. Domenico Lovecchio, una sala porterà il suo nome…

COLLEFERRO (RM) – Lunedì 18 Novembre, alle ore 15,30, presso la sede distrettuale della Medicina Legale di Colleferro, in Via degli Esplosivi 9a, avrà luogo l’intitolazione della Sala in memoria del dottor Domenico Lovecchio.
Il medico legale, da poco scomparso, è rimasto nel ricordo come un professionista che “con intelligenza, competenza e sensibilità, ha prestato la propria opera in favore degli assistiti…”.
Sulla scomparsa dello stimato dottor Lovecchio, ci piace pubblicare anche qui, (come abbiamo già fatto a tempo debito sul nostro giornale cartaceo Cronache Cittadine, consultabile qui •>) un ricordo della figura del medico legale, scritto da un suo collega, il dottor Roberto Cecere.
«Qualcuno sostiene che “c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”, così come “…c’è un tempo per nascere, un tempo per morire; e un tempo per guarire…”.
A Colleferro è deceduto il dr. Domenico Lovecchio per anni responsabile del reparto di “Medicina Legale” all’Ospedale Parodi Delfino”.
“Nico” non ce l’ha fatta più e se ne andato in punta dei piedi, all’improvviso, venendo da settimane, da mesi, in cui quella antica sapienza umana e biblica, è parsa nell’ultima asserzione, averlo abbandonato…
Da parte mia confesso che negli ultimi tempi, ho scelto il silenzio; anzi, soffrire in silenzio, aspettando l’ora in cui fosse magari possibile, ma non era certo, dirgli una parola udibile. Lui era lontano, assorto nei suoi pensieri, attorno ad una sofferenza che traspariva, nel pensiero fisso alla sua famiglia, già provata, giorno dopo giorno, e nel silenzio abitato dalla fede in Dio. La nostra conoscenza diretta risale al 2006, quando la Medicina Legale di Colleferro era tutta concentrata in quelle stanze piene di pratiche, ed in un corridoio angusto di via Giotto.
Non so’ cosa lo avesse colpito e mosso, ma dopo qualche mese, mi promise senza che chiedessi nulla o sapessi di cosa si trattasse, di collaborare con la sua attività lavorativa. Pensavo a ripararmi da uno dei tanti “diluvi di parole” molto gentili e fascinose, da allettanti sirene oda miraggi di chimere da cui molto spesso ero uscito bagnato, le promesse. Mi sbagliavo, perché quel “patriarca solo al comando ”, sempre composto nei modi e nei rapporti, aveva mantenuto la promessa. E’ così che cominciai a conoscerlo e ad apprezzare dopo l’uomo, il professionista, serio, competente e preparato, una guida sicura per tutti.
Lo ricordo brillante relatore in uno dei tanti meeting da me organizzati, ed in un crescendo di stima e considerazione, mi colpiva del tratto la sua viva umanità nascosta che quando lo chiamava in causa , lo rendeva sempre protagonista e diverso, per ammissioni e conoscenze altrui, dal passato. Si preoccupava di tutto e di tutti, e, specie nei miei confronti, aveva un atteggiamento protettivo, abile mediatore “sedante ”…qualche asperità caratteriale personale che non la manda mai a dire a nessuno. Lui sapeva leggerti dentro ed aveva capito come pochi, come ero e quello che c’era dentro, così come mi insegnava spesso a leggere e sopportare, con quella ammirevole compostezza, la malevola furbizia altrui.
Grande appassionato e competente di calcio, ti dava udienza, aprendo il breve dibattito, a dissertazioni tecniche diverse. Un giorno, quasi con pudore, mi confidò il suo grande amore per una squadra di calcio che non era il grande nome del panorama nazionale che ti aspetti, ma il Foggia, il suo Foggia che seguiva dappertutto ancora, anche in C2.
E quel ritorno di Zeman, anni or sono, lo aveva fatto sognare e pescare nell’album dei ricordi che io, da amante di calcio e con buona memoria, non perdevo occasione di sfogliargli. E un bel giorno mi confidò anche di essere stato un talento calcistico inespresso, una storia che ci accomunava e ci univa ancor di più. Spettatore coinvolto prima, ed inconsapevole futuro attore poi di un film drammatico, la vita negli ultimi due anni, Gli è stata ostile ed accanita, ma non è riuscita a toglergli quella fiera compostezza con cui preparava in cuor suo, l’incontro finale con il Signore rinunciando ad accanirsi, per ritardare il momento di quel faccia a faccia temuto e forse sperato.
E noi siamo rimasti tutti senza parole, mossi più che altro come siamo, ad invocare ora il silenzio su una storia il cui finale, a coloro che lo hanno conosciuto, ha tolto il respiro. E nel ricordo della sua “vecchia guardia” di cui è stato inimitabile alfiere, Matteo, Giulio, Fabio, Giancarlo, Antonio, Pino, e soprattutto Luigina ed Anna, a cui si aggiungeranno partecipi tanti altri, da lassù ci incoraggia a non mollare, in un romanzo che continua nella vita e che non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
Ciao Nico…!»
F.to Roberto Cecere