San Felice Circeo. Bracciante agricolo indiano muore nel rogo del container in cui dormiva. Salvo il collega che ha chiamato i soccorsi

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SAN FELICE CIRCEO – Nella serata di ieri, 17 Marzo, un bracciante di circa cinquant’anni di origini indiane è morto in seguito ad un incendio scoppiato all’interno di un container, dove viveva con un amico, nelle campagne tra San Felice Circeo e Sabaudia.

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E sarebbe stato proprio l’amico, indiano anch’egli, a chiamare i soccorsi dopo essersi messo in salvo.

Sul luogo dell’incendio sono subito intervenuti i Carabinieri, i sanitari del 118 ed i Vigili del Fuoco che, domate le fiamme, hanno ritrovato il corpo carbonizzato del bracciante.
La struttura – ora posta sotto sequestro dai Carabinieri – sembra sia stata messa a disposizione degli occupanti dalla stessa azienda agricola per la quale lavoravano con regolare contratto.

Secondo le prime ricostruzioni sembrerebbe che a causare l’incendio sia stato il malfunzionamento di una stufa a gas che i due occupanti usavano per riscaldarsi.

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Le indagini dei Carabinieri chiariranno tutti i particolari della triste vicenda.

Sull’accaduto, così interviene, in una nota, la consigliera regionale del Lazio Marta Bonafoni: «Sono addolorata per la morte del bracciante di origine indiana, in seguito ad un rogo che si è sviluppato all’interno di un prefabbricato nelle campagne di San Felice Circeo.
Le circostanze in cui è avvenuta questa tragica vicenda, dimostrano ancora una volta la necessità di dare attuazione alla legge contro il caporalato che la Regione Lazio ha approvato tre anni fa.
L’impianto della legge, di cui sono stata promotrice, riconosceva e riconosce fra gli altri il diritto alla casa dei lavoratori in agricoltura, proprio in considerazione delle condizioni disumane in cui i braccianti specie di origine straniera sono costretti a vivere, anche nelle pianure pontine.
L’evento drammatico di questa mattina dimostra che la strada per garantire i diritti dei lavoratori è ancora lunga e ha bisogno di determinazione nella lotta contro la pratica odiosa del caporalato e dello sfruttamento».

«Una vergogna assoluta. L’ennesima – ha commentato sui social Marco Omizzolo, sociologo pontino da anni in prima linea nella lotta al caporalato -. E c’è ancora chi parla solo di lavoro grigio e nega anche pubblicamente ogni forma di disagio, violenza e sfruttamento. Ci crediamo assolti ma siamo tutti coinvolti. Attenzione ora anche agli speculatori italiani e indiani. Abbiamo truffatori di ogni origine e spregiudicatezza».

 

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