Velletri. Il Comitato Pari Opportunità dell’Ordine forense interviene sulla questione omofobia tra vecchi pregiudizi e possibili nuove aperture

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VELLETRI – Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del Comitato Pari Opportunità presso l’Ordine forense di Velletri sulla discussa questione apparsa nei giorni scorsi sulle maggiori testate giornalistiche nazionali riguardante l’aggressione omofoba avvenuta in una stazione della Metro di Roma ai danni di due giovani attivisti mentre si scambiavano effusioni in pubblico.

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«Jean Pierre e Alfredo sono stati picchiati perché si amano».
Questo il titolo che avrei dato alla notizia sulla aggressione ai due amanti aggrediti. Che detta così suona assurda come frase; se poi si va a vedere il come il dove e il perché diventa surreale.

Baciarsi in pubblico ai nostri nonni sarebbe sembrato irrispettoso sempre; oggi se a baciarsi in pubblico, e neanche troppo considerando luogo e orario in cui si trovavano, sono due ragazzi dello stesso sesso è considerata una vergogna, qualcosa di cui dolersi e a tratti raccapricciante.

L’ultima aggressione, in ordine di tempo, ai due innamorati ce lo urla fortissimo: l’amore ai tempi dei social, l’amore omosessuale, l’amore non adeguato ai canoni di una società etero normativa è tollerato sul web, inneggiato, incoraggiato, ma se viene portato nelle strade diventa sempre qualcosa di scomodo.
Perché ci dimentichiamo che si tratta di questo: di amore.
L’amore prevarica i confini, l’amore muove il mondo, scatena guerre, fa affrontare mostri terribili, ma l’amore transgender è sbandierato solo a chiacchiere.
Amore: senza morte, eterno, trasversale,.. Omero ci parlava di eroi immortali, omosessuali; Eschilo ci parla dei “nostri frequenti baci” tra Achille e Patroclo, Catullo, sboccato e irriverente.

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L’amore decantato dai poeti, da scrittori eterni, da vampiri, non dimentichiamoci di Dracula quando intima di lasciar a lui un uomo “Quest’uomo mi appartiene!”.

Un pregiudizio ancora troppo diffuso la diversità sessuale, quasi qualcosa da relegare a quel giorno in cui i “froci” sfilano in parata.. come si chiama? Ah si, Gay Pride, parata sotto gli occhi incuriositi e sospettosi di chi li osserva.
Cortei in cui si sfila in maniera provocatoriamente colorati e allegri, orgogliosi di una diversità per nulla diversa, in cui si urla di abbattere pregiudizi e categorie. Siamo persone, è così difficile capirlo?
Davvero conta chi si ama nella propria vita per fare di me un essere degno di essere chiamato persona?

Mi intristisco ogni volta che una vicenda come quella di Jean Pierre e Alfredo accade: penso sempre che l’uomo perda continue occasioni per migliorare sé stesso. Non siamo tutti così, ma forse siamo ancora pochi.

Mi affido alle parole di Forster per auspicare una generazione di menti libere:
“Un lieto fine era indispensabile, ero determinato in ogni caso a narrare la storia di due uomini che si innamoravano e decidevano di rimanere insieme condividendo il resto dei loro giorni.. La felicità è il suo fulcro finale e ragion d’essere”».

F.to Il Comitato Pari Opportunità presso l’Ordine forense di Velletri

 

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